Arrivarci dopo il caldo torrido di una notte a Las Vegas, è stato come passare nelle vasche 40-15 dei Poseidon. Per chi conosce il parco termale, non c'è bisogno di spiegazioni, tutti gli altri sappiano che i numeri si riferiscono alla temperatura dell'acqua. La temperatura di San Francisco era esattamente la più bassa: nei momenti più tiepidi si raggiungevano anche 20 gradi, ma la sera si scendeva fino a 9, o 10. Il freddo, insieme alla nebbia che si diradava solo verso mezzogiorno, per ricomparire intorno alle 6 del pomeriggio, non ci ha ben disposte verso la città che ci è sembrata graziosa nel suo saliscendi vertiginoso di strade costeggiate da casette vittoriane, ma non un pezzo d'America imperdibile.
Le persone qui ci sono parse più anticonvenzionali che altrove. Sembrano più rilassate, più tolleranti, anche con i tanti derelitti che chiedono soldi agli angoli delle strade o rovistano nei cestini dei rifiuti.
I San Franciscani hanno facce più mescolate rispetto agli americani che abbiamo visto finora: gli afroamericani, i latinos, i cinesi e i giapponesi, hanno tratti che sfumano gli uni negli altri.
Le comunità orientali che vivono qui fin dall'800, sono americani a tutti gli effetti pur mantenendo tracce evidenti delle loro origini, come raccontano i negozi di Chinatown e Japantown.
Nei giorni che abbiamo passato qui, troppi, abbiamo girellato nei vari quartieri, senza perderci le attrazioni della città: il ventoso Golden Gate attraversato a piedi all'andata e al ritorno; il molo 39 con la colonia di leoni marini che ha scelto di abitarci; Lombard Street, una strada così ripida che, per renderla percorribile alle auto, hanno dovuto creare delle curve sinuose trasformandola in un percorso da trofeo automobilistico con tanto di spettatori lungo le curve; la Coit Tower, la bizzarra torre a forma di estintore che la signora Coit volle ereggere in onore dei pompieri di San Francisco di cui era appassionata sostenitrice; la cittadina di Sausalito, con il porticciolo turistico e torme di turisti come a Portofino; e infine i tram. C'è lo storico cable-car, un tram trainato da un cavo che corre sotterraneo affinché possa affrontare le salite più ripide, e i vecchi tram delle città europee e americane che l'amministrazione, con un'operazione davvero intelligente, ha comprato dalle aziende municipalizzate che li dismettevano, per farli diventare il fiore all'occhiello del sistema dei trasporti cittadino.
E' facile immaginare come, non sapendo tutto ciò, abbiamo strabuzzato gli occhi vedendo un vecchio tram milanese, quelli di legno che l'ATM negli ultimi anni ha sostituito con i terribili jumbo, viaggiare, perfettamente tenuto, con tanto di stemma della città di Milano, guidato da un autista rasta con i dreadlocks.
Le persone qui ci sono parse più anticonvenzionali che altrove. Sembrano più rilassate, più tolleranti, anche con i tanti derelitti che chiedono soldi agli angoli delle strade o rovistano nei cestini dei rifiuti.
I San Franciscani hanno facce più mescolate rispetto agli americani che abbiamo visto finora: gli afroamericani, i latinos, i cinesi e i giapponesi, hanno tratti che sfumano gli uni negli altri.
Le comunità orientali che vivono qui fin dall'800, sono americani a tutti gli effetti pur mantenendo tracce evidenti delle loro origini, come raccontano i negozi di Chinatown e Japantown.
Nei giorni che abbiamo passato qui, troppi, abbiamo girellato nei vari quartieri, senza perderci le attrazioni della città: il ventoso Golden Gate attraversato a piedi all'andata e al ritorno; il molo 39 con la colonia di leoni marini che ha scelto di abitarci; Lombard Street, una strada così ripida che, per renderla percorribile alle auto, hanno dovuto creare delle curve sinuose trasformandola in un percorso da trofeo automobilistico con tanto di spettatori lungo le curve; la Coit Tower, la bizzarra torre a forma di estintore che la signora Coit volle ereggere in onore dei pompieri di San Francisco di cui era appassionata sostenitrice; la cittadina di Sausalito, con il porticciolo turistico e torme di turisti come a Portofino; e infine i tram. C'è lo storico cable-car, un tram trainato da un cavo che corre sotterraneo affinché possa affrontare le salite più ripide, e i vecchi tram delle città europee e americane che l'amministrazione, con un'operazione davvero intelligente, ha comprato dalle aziende municipalizzate che li dismettevano, per farli diventare il fiore all'occhiello del sistema dei trasporti cittadino.
E' facile immaginare come, non sapendo tutto ciò, abbiamo strabuzzato gli occhi vedendo un vecchio tram milanese, quelli di legno che l'ATM negli ultimi anni ha sostituito con i terribili jumbo, viaggiare, perfettamente tenuto, con tanto di stemma della città di Milano, guidato da un autista rasta con i dreadlocks.
2 commenti:
E le foto del bagaglio del rientro non sono ancora pronte?
Miki
Sono tra quelli (non pochi tra i bab-utenti) che ha chiara la metafora della vasca 40-15.
A 'sto punto ci sta pure la citazione di Mark Twain: "The coldest winter I ever spent was a summer in San Francisco" anche se l'attribuzione è contestata (http://www.greenspun.com/bboard/q-and-a-fetch-msg.tcl?msg_id=009Ckt).
Sono convinto che se il tempo fosse stato più clemente anche le vostre impressioni sarebbero state più calorose. E poi SF è un set cinematografico della memoria (dalla Donna che visse 2 volte a Mrs. Doubtfire, passando dalle Strade di SF...).
Comunque, il vecchio tram dell'ATM in attività vale da solo la visita!
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