siamo tornate dentro. Era ora di pranzo e fermarci a mangiare in aeroporto, nonostante il tintinnio delle slot machine, non era affatto una cattiva idea.
Un'ora più tardi non avevamo scampo e ci siamo buttate. Il tempo trascorso nel minibus che dall'aeroporto fa il giro degli alberghi è stato penoso: il soffio flebile di aria fresca che usciva dai bocchettoni non bastava a stemperare i 42 gradi e passa dell'esterno.
Las Vegas, artificio per turisti, è fatta da una sola strada, The Strip, costeggiata solo da hotel e casinò, che qui sono la stessa cosa. Nelle traverse ci sono solo enormi parcheggi. Dentro gli hotel c'è tutto quello che serve al turista, anzi tutto quello che può indurre il turista a spendere: la zona casinò, i ristoranti, i bar, i negozi, i teatri per gli spettacoli. Ogni albergo è il contrario di un villaggio turistico "all inclusive": qui c'è tutto, ma è "all to pay".
I turisti stranieri scompaiono nella gran folla di americani che sembrano tutti divertirsi molto: hanno un bicchiere in mano a tutte le ore e sembrano proprio contenti di stare qui. Quando non mangiano, non bevono e non giocano, ovvero nelle poche mezz'ore restanti, passeggiano lungo la Strip per andare a vedere le attrazioni degli hotel: vulcani che eruttano, fontane che danzano, assalti di pirati, canali veneziani con gondole e gondolieri e altro ancora. Ci proviamo anche noi alle 7 di sera, ma dopo un isolato abbiamo il corpo che bolle, nella testa riecheggiano i rumori elettronici che fuoriescono dalle hall dei casinò e iniziamo a ondeggiare pericolosamente nel tentativo di schivare le decine di persone che distribuiscono a chiunque passi dei biglietti da visita facendoli schioccare come carte da gioco. Sui biglietti e sulle loro magliette c'è stampato un numero di telefono per chiamare "ragazze tutte per te". E' difficile non sentirsi bacchettone in uno stato che ha legalizzato la prostituzione, e ne fa una buona occasione di business.
Sarà anche per questo, oltre che per il fatto che sembra tutto una trappola, che ci è venuto da pensare a Las Vegas come a una città che potrebbe essere amministrata da Berlusconi. L'idea ci sorride: l'uomo giusto al posto giusto, e per l'Italia un problema di meno.
Riusciamo a vedere uno spettacolo del Cirque du Soleil e questo ci rende più accettabile la permanenza qui.
Nei casinò succede esattamente quello che ti aspetti: le slot sono occupate in prevalenza da donne di tutte le età con una prevalenza di anziane che sembra stiano lì dall'alba a notte fonda: quando la macchinetta fa dling dling dling e ricarica il credito sulla loro scheda fedeltà, tirano un sorso dal bicchiere, pigiano il tasto "Spin" ancora un paio di volte, e poi ritentano la fortuna alla slot accanto. Lo spettacolo è un po' triste, ma non più di quello dei loro mariti seduti al banco di un blackjack il cui croupier è una ragazza virtuale a grandezza naturale in guepiere. (Nota a margine: nei casinò un po' più sordidi del centro città, le ragazze in reggiseno sono vere).
Potremmo star qui ore a guardare i giocatori che, calamitati dalle loro macchinette non si accorgono di nulla; ma la sala è piena di personale che vigila discretamente. Scattiamo solo qualche foto, ma alla fine veniamo sonoramente cazziate per aver fotografato un tavolo da gioco, sebbene deserto.
Anche noi non resistiamo al richiamo e investiamo ben 4 dollari con il risultato che potete immaginare. Poi, prima di partire, valigie alla mano e zaino in spalla, Felix, che aveva trovato per strada un paio di cents, chiaro segno astrale di fortuna imminente, ha voluto tentare la sorte in proprio e con un paio di shots da 5$ ne ha vinti 75$. Abbiamo cambiato il tagliando ad una macchinetta sputasoldi e siamo scappate via, prima che la febbre ci contagiasse.
Un'ora più tardi non avevamo scampo e ci siamo buttate. Il tempo trascorso nel minibus che dall'aeroporto fa il giro degli alberghi è stato penoso: il soffio flebile di aria fresca che usciva dai bocchettoni non bastava a stemperare i 42 gradi e passa dell'esterno.
Las Vegas, artificio per turisti, è fatta da una sola strada, The Strip, costeggiata solo da hotel e casinò, che qui sono la stessa cosa. Nelle traverse ci sono solo enormi parcheggi. Dentro gli hotel c'è tutto quello che serve al turista, anzi tutto quello che può indurre il turista a spendere: la zona casinò, i ristoranti, i bar, i negozi, i teatri per gli spettacoli. Ogni albergo è il contrario di un villaggio turistico "all inclusive": qui c'è tutto, ma è "all to pay".
I turisti stranieri scompaiono nella gran folla di americani che sembrano tutti divertirsi molto: hanno un bicchiere in mano a tutte le ore e sembrano proprio contenti di stare qui. Quando non mangiano, non bevono e non giocano, ovvero nelle poche mezz'ore restanti, passeggiano lungo la Strip per andare a vedere le attrazioni degli hotel: vulcani che eruttano, fontane che danzano, assalti di pirati, canali veneziani con gondole e gondolieri e altro ancora. Ci proviamo anche noi alle 7 di sera, ma dopo un isolato abbiamo il corpo che bolle, nella testa riecheggiano i rumori elettronici che fuoriescono dalle hall dei casinò e iniziamo a ondeggiare pericolosamente nel tentativo di schivare le decine di persone che distribuiscono a chiunque passi dei biglietti da visita facendoli schioccare come carte da gioco. Sui biglietti e sulle loro magliette c'è stampato un numero di telefono per chiamare "ragazze tutte per te". E' difficile non sentirsi bacchettone in uno stato che ha legalizzato la prostituzione, e ne fa una buona occasione di business.
Sarà anche per questo, oltre che per il fatto che sembra tutto una trappola, che ci è venuto da pensare a Las Vegas come a una città che potrebbe essere amministrata da Berlusconi. L'idea ci sorride: l'uomo giusto al posto giusto, e per l'Italia un problema di meno.
Riusciamo a vedere uno spettacolo del Cirque du Soleil e questo ci rende più accettabile la permanenza qui.
Nei casinò succede esattamente quello che ti aspetti: le slot sono occupate in prevalenza da donne di tutte le età con una prevalenza di anziane che sembra stiano lì dall'alba a notte fonda: quando la macchinetta fa dling dling dling e ricarica il credito sulla loro scheda fedeltà, tirano un sorso dal bicchiere, pigiano il tasto "Spin" ancora un paio di volte, e poi ritentano la fortuna alla slot accanto. Lo spettacolo è un po' triste, ma non più di quello dei loro mariti seduti al banco di un blackjack il cui croupier è una ragazza virtuale a grandezza naturale in guepiere. (Nota a margine: nei casinò un po' più sordidi del centro città, le ragazze in reggiseno sono vere).
Potremmo star qui ore a guardare i giocatori che, calamitati dalle loro macchinette non si accorgono di nulla; ma la sala è piena di personale che vigila discretamente. Scattiamo solo qualche foto, ma alla fine veniamo sonoramente cazziate per aver fotografato un tavolo da gioco, sebbene deserto.
Anche noi non resistiamo al richiamo e investiamo ben 4 dollari con il risultato che potete immaginare. Poi, prima di partire, valigie alla mano e zaino in spalla, Felix, che aveva trovato per strada un paio di cents, chiaro segno astrale di fortuna imminente, ha voluto tentare la sorte in proprio e con un paio di shots da 5$ ne ha vinti 75$. Abbiamo cambiato il tagliando ad una macchinetta sputasoldi e siamo scappate via, prima che la febbre ci contagiasse.
8 commenti:
Direi che per ora quest'America sta lasciando ampiamente a desiderare e, personalmente, sta confermando l'idea che me ne ero fatto. Puntiamo sui parchi, che è meglio.
Lo sguardo allarmato del vostro racconto è quello che mi ha fatto molto sorridere, conoscendovi,ho immaginato perfettamente la scena.
Come al solito si sopravvive a tutto.
Miki
Incredibile, anch'io nel lontano '92 sono stata a Las Vegas e per combattere il terribile caldo che faceva, prendevo pastiglie di sale. Ero in attesa di una coincidenza di un Greyhound per andare in Canada, a Vancouver, ma non riuscivo a resistere. Così, per rinfrescarmi entrai nuovamente all'Excalibur, dove la sera prima avevo giocato qualcosa senza alcun risultato. Ho avuto la sensazione che non fosse cambiato nulla, era come se fosse ancora notte ed il primo impulso è stato quello di andarmene, ma il caldo all'esterno non era per niente allettante. Mi sono detta, gioco solo 5$, se vinco vado a Vancouver in aereo: ne ho vinti 165$. C'era un vecchietto alla slot machine accanto alla mia, che vedendo la mia vincita, mi chiese di inserire un coin anche nella sua. Dovevo avere la mano fatata quel giorno, perché vinse anche lui....
Ciao, buona continuazione.
Claire
Le tipiche italiane:
Giocate, vincete, scappate.
Pierpaolo
Hai ragione Pier, le tipiche italiane... Pensa che c'è persino qualcuno che ci ha chiesto di giocare per suo conto un numero alla roulette: il numero era il 72.
E dire che le roulette per il momento hanno solo 36 numeri...
Mi chiedevo: che ci fate a Las Vegas se non giocate? Oltre alla curiosità di vedere il posto...quanti giorni avete intenzione di rimanerci?
Miki
Che fortuna avere amiche come voi.... mi fido dei vostri occhi più che dei miei e le vostre descrizioni argute corrispondono - ne sono sicura- a ciò che sentirei se fossi lì.... meglio di così...!!!!
baci a tutti i bloggisti
Daniela
Daniela ha ragione, il vostro sguardo (e la sua resa qui sul blog) sui posti è patrimonio di tutti, ci appartiene come se ci fossimo anche noi lì con voi. Con la differenza, però, che non saprei esprimerlo così!
BABS FOREVER.
Il Ra (di BaRaJa).
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